Venti di Ponente, come annunciato nell'editoriale di giugno, lungo la sua navigazione si aprirà a nuovi dibattiti con una peculiare attenzione al percorso dedicato alla "Cultura che cura"; una realtà presente nel nostro territorio, pullulante, ma silenziosa e ai più sconosciuta!
Nella notte del 22 maggio scorso la musica italiana è ritornata protagonista della scena pop europea a trent’anni dall’ultima volta, grazie ai Maneskin vincitori a Rotterdam dell’Eurovision Song Contest 2021. Il gruppo rock romano formato prevalentemente da ventenni, bissa così il successo sanremese al suono di “Siamo fuori di testa” già diventato un tormentone dopo la vittoria della kermesse ligure ma che ha tutti i presupposti per continuare a farci divertire anche sotto gli ombrelloni.
Qualche giorno fa, il 1° giungo, è stata celebrata la Giornata Mondiale dei Genitori, un momento importate soprattutto sul piano della riflessione. Il ruolo sociale e assieme esistenziale dei genoitori, infatti, negli ultimi decenni è stato al centro dell'attenzione di politici, sociologi, economisti, pedagogisti e, non per ultimo, psicologi di varie scuole di pensiero, in riferimento ai grandi cambiamenti del Nostro Tempo. Tutto ciò per rivisitare questo ruolo decisivo sul piano sociale e della vita in genere, al fine di consentirgli di tenere il passo con gli sviluppi della nostro tempo, senza ovviamente far perdere la sua natura profonda e originaria.
Proprio per questo, Venti di Ponente, ripropone un video di Tyna Maria a ciò dedicato, come contributo capace di dare ulteriore forza e un'eco più lunga a questa data importante per noi tutti.
Pompea Vergaro
Ed eccoci al secondo mese di viaggio, un giugno che potremmo aprire col diffuso pensiero di senecana memoria, volto in positivo: “Ogni vento è favorevole per il marinaio che sa dove approdare…”. Sicuramente, in una prospettiva lineare, ciò non corrisponderebbe pienamente al nostro Progetto di Navigazione. Siamo partiti con un bagaglio mirato e leggero, non da semplici turisti, ma da veri viaggiatori, e di venti ne incontreremo perfino di non favorevoli. È nell’ordine e nelle previsioni della vita correre dei rischi!
È autoironico che io scriva sul fischio, quando è da anni che ci provo inutilmente. Nonostante tutti i miei sforzi, lui proprio non ne vuole sapere! Siamo come le rette parallele, che non si incontrano mai. Ma non per questo mi arrenderò: ride bene chi ride ultimo!
In qualunque contesto o circostanza, l’uomo da sempre ha dovuto fare i conti con il Tempo, questa entità superiore e imprescindibile. E anche in questi nuovi frangenti, quelli appunto che si sono palesati da circa un anno, abbiamo il nostro da fare con quest’entità, il Tempo. Prima del marzo dello scorso anno, infatti, la nostra percezione del Tempo era totalmente diversa, dall’inatteso e attuale Tempo pandemico: sempre in continua corsa, e ci dimenticavamo di concederci una pausa per riflettere sulle nostre vite. In questi ultimi mesi, invece, tutto si è disposto diversamente rispetto al passato, ed il Tempo vuole essere riempito di altro rispetto al solito. Qui, la riflessione, mi pare che giochi un ruolo di primo piano. Pare infatti che sia arrivato proprio il Tempo di darle largo spazio.
In questo mese dedicato al tema del tempo merita di certo una riflessione a parte l'argomento del tempo in musica. No, non farò certo un trattato; ci mancherebbe: non è questo l'intento. Ma ci arrivo cominciando dalle parole che molto spesso pronuncia il mio M° di pianoforte Angelo Mantovani, davanti allo spartito da studiare: "Attenzione al tempo... tempo… qui bisogna contare". Il tempo musicale è dunque certamente un fatto di numeri; a ragione dei rigorosi cultori dei numeri come Pitagora: "nel numero non penetra menzogna. "
Dunque, una componente fondamentale della musica è il tempo e la sua verità. Quasi sempre è il compositore con un'annotazione sulla scrittura a indicare quale sarà il tempo: adagio, allegretto, allegrissimo, andante, grave, larghetto, prestissimo e via di seguito. Ognuno di questi tempi è poi misurato con il numero dei battiti al minuto e poi le indicazioni 4/4- 3/8 -19/16 e chi più ne ha più ne metta.
C'è proprio un tempo nel tempo del tempo e si misura tutto, senza contare altre infinite alterazioni e complicazioni dei tempi binari, ternari, quaternari, composti, semplici eccetera, eccetera. Tutto ciò per misurare il tempo della musica, alla quale ci si appresta solitamente con il temuto solfeggio; e qui invece di far partire la noia facciamo partire il "bello": a ciò che dal tempo della musica ci può condurre al tempo della vita quotidiana con tutte le sue trappole. Il solfeggio consiste in un battere e un levare, una tensione e un rilassamento; un'immagine esemplificativa può essere la bacchetta del tamburo che batte con energia e si leva senza sforzo.
A me fa venire in mente l'atto respiratorio: inspirazione, espirazione e non mi addentro nella pausa che si frappone anche se è proprio quella pausa ad assumere grande importanza; è come se rappresentasse il silenzio e senza silenzio non può esserci musica. Le persone compiono circa 13 atti respiratori al minuto, si può dire un tempo allegro andante? Diciamolo: ma in Oriente, nei testi classici del Qgong venivano citati personaggi che riuscivano a respirare una o due volte al minuto. Se si considera che anche l'età non si misurava in anni ma con il numero dei respiri possiamo dire: Benedica, lunga vita!
Mi piace dire allora che il tempo della musica è il tempo del respiro della vita.
Quando si suona uno strumento devi essere concentrato sul presente, non puoi pensare alla nota che hai sbagliato o che non hai suonato prima né puoi pensare di suonarla ora; è già passata, persa; guai poi se ti preoccupi del difficile passaggio che ti aspetta alla pagina successiva. Non devi fare niente di tutto questo: devi essere sul pezzo, come dicono quelli moderni, devi essere nel presente. L'unico tempo possibile.
Davanti a uno spartito non si può procrastinare, né anticipare, non si può tenere il bello per dopo, né sbrigarsi a finire, non si può rimuginare, recriminare, arrovellarsi: non si può pensare, non si possono fare un sacco di altre cose riconducibili alle molte trappole della nostra vita quotidiana.
Insomma, che dire? Ci vorrebbe uno spartito ideale anche per le nostre vite. Assomiglierebbe forse a quello che viene definito lo spartito più difficile del mondo: “Cadenza apocaliitica” di Prokofiev, che appare come un autentico arcano? Chissà… ma nel nostro vero spartito ideale il tempo della musica diviene il linguaggio della luce, il più bel frutto dell'anima. Che meraviglia poi se lo "spartito" fosse quello utilizzato dal violinista Yudi Menhuin quando a Berlino nel 1921 al termine di un concerto di musiche di Bach, Beethoveen e Brahms, ricevette nel suo camerino la visita di Einstein il quale si rivolse a lui dicendo: "Adesso io so che in cielo c'è Dio".
Et voilà.
“Niente è per sempre, ma ciò che amiamo è l’eternità!” In questa frase ossimorica racchiuderei il senso del tempo presente, un’antitesi tra la precarietà del vivere contemporaneo, con i suoi tempi brevi, la velocità del vivere, la schizofrenia del consumo, il desiderio di mutamenti continui e il desiderio dell’umanità di riconoscersi sempre in qualcosa di eterno, in cui ritrovare i tempi dispersi del sé. La contemporaneità rappresenta l’illusione dell’uomo di sfuggire al senso dell’eterno a cui però la sua stessa vita rimanda di continuo in un rimpianto sommesso.
Oggi a Milano è bel tempo, metereologicamente parlando, anche se a Milano dire che è bel tempo può significare esattamente il contrario soprattutto se il bel tempo è stabile perché aumentano le polveri sottili e l'inquinamento.
Il tempo. Cos’è il tempo? È un’idea, un concetto, ma è anche una dimensione, una delle dimensioni all’interno della quale ci muoviamo e che di rimando definisce anche l’altra, quella dello spazio. Ed è anche una convenzione che ci siamo dati per la nostra comodità, per poter stabilire delle relazioni tra quella parte della nostra esistenza, non sempre, anzi quasi mai dell’essenza, che interagisce con quella degli altri. Ma non ha soltanto una funzione oggettiva, perché come tutto ciò che ha a che fare con la percezione, ha una dimensione fortemente soggettiva.
Conservo da moltissimi anni un foglio di quaderno ormai ingiallito prossimo a sbriciolarsi dove scrissi la frase di un anonimo sul tempo: “Questa cosa chiamata tempo, questa stupenda dimensione il cui automatismo ritma i nostri passi senza fretta ne ritardo. Per quanti grandi o piccoli possano essere, il tempo risolverà tutti i nostri problemi.... È questa l’arte suprema che non esige altro sforzo che di vivere e di aspettare. Questo anonimo orientaleggiante panta rei conclude, poi, accennando all’Arte di aspettare; appunto “aspetta e spera” tanto tutto passa .
Nel cuore di questa primavera, così confusa e tanto attesa Venti di Ponente riavvia le sue attività nel web nelle sue differenti prospettive. E proprio in questi giorni compie il suo primo anno di vita, che ha visto nelle ultime settimane una battuta d’arresto per questioni sia tecniche sia strategiche. Una storia la sua che, se pur breve, è dotata di forza e carattere che intende conservare...
La ricorrenza del 25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si approssima quest’anno sull’onda della denuncia di un aumento esponenziale, in ogni paese colpito dall’emergenza sanitaria del Covid-19, delle violenze sulle donne, specialmente nei contesti intrafamiliari.
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15 Marzo 2024