Fin dalla sua comparsa le cui radici affondano in un tempo lontano lo scrittoio, come complemento d’arredo discreto e custode di oggetti personali, ha da sempre esercitato un certo fascino. Ha attraversato secoli per arrivare fino a noi, accompagnando intere generazioni a partire dai primi amanuensi dediti alla copia di manoscritti agli attualissimi “smartworkers” dei giorni nostri nel momento in cui con l’emergenza sanitaria si è reso necessario rielaborare i propri spazi domestici per ricrearne uno di lavoro comodo e funzionale. Una sorta di rivoluzione considerando che questo elemento d’arredo negli spazi domestici era piuttosto “relegato”.
Nell’ambito della mostra “Collettiva D’autunno” allestita con Opere di cinque artisti salentini, dal 29 settembre al 12 ottobre 2021 negli spazi della “Fondazione Palmieri” di Lecce, in Vico dei Sotterranei, il 4 ottobre scorso ha avuto luogo un incontro dedicato all’artista salentino Antonio Scupola. Per l’occasione, durante la serata, Valerio Terragno, collezionista e critico d’arte, ha presentato una introduzione storica alla pittura paesaggistica dell'artista. Ha fatto seguito un intervento, a nostro avviso di grande interesse, da parte di Laura Madonna -sostenitrice di “Accademia del Silenzio” e Referente Territoriale della “LUA”- che si è intrattenuta sul significato e il valore pedagogico dell’arte. Di quell’incontro, che non è passato inosservato, noi di Venti di Ponente abbiamo voluto, per i nostri lettori, intervistare proprio Laura Madonna, che richiamandosi a quanto sottolineato durante la serata del 4 ottobre, ha posto ulteriori precisazioni e specifiche di non poco rilievo.
Il rapporto tra uomo e natura è cambiato nel corso dei secoli. Possiamo anche rendere grazie all'Arte, se oggi sappiamo come è avvenuto questo mutamento. A mano a mano, la natura rivendicava sempre più la sua importanza all'interno delle opere: basti pensare che la sua funzione iniziale che “costituiva lo sfondo di storie e vicende umane”, si avvia a dar vita ad un genere del tutto nuovo dell'arte figurativa, ovvero quello paesaggistico.
Computer, smartphone, tablet: sono oggetti che utilizziamo quotidianamente senza renderci conto che si tratta di oggetti dal “Design invisibile”, cioè che rende ogni nostra esperienza digitale più veloce, funzionale e soddisfacente, permettendo di muoverci inconsapevolmente tra indicazioni create appositamente per non essere percepite.
Poche battute per aprire ancora una volta lo spazio che Venti di Ponente offre a Pisacane Arte. Questa volta, la nota galleria d'arte milanese, suggerisce un'opera di una pittrice alquanto singolare: Aria Carelli, napoletana, capace di realizzare per l'osservatore "specchi della bellezza". Ecco che, raffinatezza e rarità, acume e tecnica, costituiscono gli strumenti principe della Nostra, pittrice di grande apertura e allo stesso tempo autrice di opere mirate al singolo, uno per ogni sua creazione-creatura.
Pompea Vergaro
La capacità del design di rivoluzionare la quotidianità con un portato sorprendente di innovazione, ricerca stilistica e funzionalità avanzate, trova una delle sue massime espressioni nelle creazioni dei designer italiani del Novecento. Nella prima parte del nostro viaggio abbiamo incontrato due icone senza tempo: la lampada Arco Flos e la Olivetti Studio 42.
È con “Lo sguardo de La Pupazza” che apre La Rubrica dedicata all’Arte, sintesi di una e nuova collaborazione, “sinergetica”, tra Venti di Ponente e Pisacane Arte, prestigiosa Galleria milanese di Arte Contemporanea e Moderna, condotta con tenacia e passione e, sempre al passo con i tempi, dai galleristi Claudio Russo e Roberto Ungaro.
Siamo fiduciosi che questo rapporto, che al momento corre solo sulle "rotaie" della presente Rubrica, che lega “Nord e Sud”, porterà dei frutti, anche significativi, perché crediamo fermamente che i confini e gli steccati sociali e culturali non appartengono all’Arte.
Ci piace sottolineare che l’artista presentata dalla Galleria Pisacane Arte, per questo debutto, è una giovane salentina e ha già conquistato uno spazio importante in ambito nazionale!
Pompea Vergaro
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Durante quest'ultimo anno ci siamo ritrovati a vivere un'esperienza davvero singolare che ci ha cambiato tutti. Abbiamo dovuto rinunciare a moltissime cose e siamo stati costretti a indossare delle mascherine per coprirci il volto. In fin dei conti, non sono del tutto convinta del fatto che le mascherine nascondano il nostro viso. Per me le mascherine rivelano, lasciando che sia lo sguardo a parlare per noi.
Eleonora De Giuseppe è un’artista salentina, più precisamente di Tricase, una piccola città situata in provincia di Lecce. Il suo pseudonimo in arte è “La Pupazza”, un simpatico nome che riassume perfettamente il suo stile. La pittrice, laureata al DAMS di Bologna, utilizza questo nome d’arte dal 2008, ossia l’anno in cui cominciò a realizzare i primi lavori di street art nel sud Italia.
La Pupazza è soprannominata anche “l'artista dell'occhio”, poiché, fin dall'inizio della sua carriera, ha deciso di condividere la propria personale visione del mondo. Il suo segno di riconoscimento più famoso, infatti, che ritroviamo in numerose delle sue opere, è proprio quest’occhio: un occhio nero e comunicativo, dalle ciglia lunghe e folte.
L’occhio ci svela il suo modo di vedere le cose, raccontando un mondo colorato e onirico. La sua arte è colorata e psichedelica, e narra a noi spettatori di scenari unici e originali. Non vi sono mai colori spenti, non c’è mai del male nelle sue opere. Troviamo, invece, delle forme morbide e senza spigoli, delle scene magiche e surreali che ci trasportano completamente dentro un mondo di fantasia.
L’artista racconta di alcuni dei soggetti ricorrenti proprio nella sua biografia:
“Da piccola nel letto, prima di addormentarmi, muovevo il dito a mezz’aria, disegnando anche per ore. Oggi mio padre mi racconta che mi guardava incuriosito e mi chiedeva cosa stessi facendo. ”Sto disegnando non lo vedi?” rispondevo con un tono perplesso, come se chiunque potesse vedere tutte le figure che il mio dito tracciava nel vuoto. Oggi, come allora, vivo intensamente quei momenti: quando dipingo sono letteralmente immersa e sento di entrare a far parte quasi fisicamente di quei posti magici. Le brocche umane, i macinini che trasformano le rose in fragole e le piramidi in grattacieli, il sugo che diventa vino, il piatto di pasta asciutta che capovolto diventa una donna che si chiama Asciutta pasta. Spesso nei paradossi ho trovato la verità. E poi il mondo visto al contrario è più bello”.
Il Design fa irruzione nel Novecento come un’energia vitale e trasversale, capace di reinventare non solo il quotidiano, ma anche i tempi e gli spazi dell’Arte. È il terremoto della ricerca della bellezza, improvviso e inarrestabile, che travolge e reinventa ogni cosa, dagli oggetti d’uso comune alle infrastrutture urbane.
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