Covid: 1° resoconto settimanale (30 ottobre – 6 novembre)

Covid: 1° resoconto settimanale (30 ottobre – 6 novembre)

            Parte da oggi, venerdì 6 novembre, il focus settimanale sull’universo legato e connesso al Tempo del Covid: numeri del contagio, statistiche, provvedimenti governativi, opinioni e reazioni e tutto ciò che si muove attorno a questo fenomeno, senza far sì, tuttavia, che la nostra sinossi settimanale trasbordi in ogni ambito del vivere, come di fatto sta accadendo.

            Il perimetro sarà legato eminentemente agli aspetti sanitari e politici, e da qui a qualche flash su altre dimensioni del vivere civile e sociale, come quelli che si raccordano al mondo della scuola e dell’università, della finanza pubblica e privata, e via dicendo.

            Settimanalmente, dunque, il venerdì, Venti di Ponente vi proporrà un Resoconto-Covid relativo alla settimana appena trascorsa al contagio.

            Per quel che riguarda la settimana appena trascorsa, va subito evidenziato che, hanno avuto inizio questa notte gli effetti dell’ultimo decreto, o Dpcm -Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri- licenziato lo scorso 3 novembre, e che introduce sostanziali novità rispetto a diversi aspetti della vita sociale ed economica del Paese. Le disposizioni, poi, dovrebbero valere per almeno 15 giorni. Tra circa due settimane, infatti, potranno essere apportate delle modifiche alle disposizioni governative, che sono entrate in vigore oggi, e ciò a seconda delle dinamiche e della morfologia epidemiologica e del contagio. Ci si avvia, pare, ad un intervento del Governo stabile, ma che prevede una mobilità e una modulabilità, al momento solo sul piano territoriale, nell’applicazione delle sue decisioni di massima.

            Prima di esplicitare le statistiche Covid di questa settimana, è bene tenere presente cosa introduce il dpcm del 3 novembre emanato dal Governo di Giuseppe Conte.

            Innanzitutto, la principale novità del documento è la divisione dell’Italia in tre aree di rischio, secondo 21 criteri epidemiologici fissati dall’Istituto superiore di sanità. Come accennato, i tre tipi di area territoriale, non è questione definitiva, ma varierà nel tempo -si spera che non sia lunghissimo, ovvero espresso in anni- a seconda delle determinazioni del Governo.

            Per i prossimi giorni, a restrizioni crescenti, infatti, il Ministro della Salute Speranza ha inserito le regioni italiane in tre aree: gialle, arancioni e rosse. Non sono state ipotizzate, e quindi escluse, le aree “verdi”, in quanto viene assunto che non esista una zona a “rischio zero”. In base al documento elaborato dall’ISS, dai tecnici del ministero e dagli enti locali il 12 ottobre scorso, a rientrare nell’area rossa sono Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria, mentre in quella arancione la Puglia e la Sicilia, le restanti rientrano, invece, in quella gialla.

            Ma vediamo quali sono le disposizioni in ogni diversa area derivanti dal nuovo decreto di Palazzo Chigi.

            Regioni gialle: a partire da oggi, coprifuoco dalle 22:00 alle 05:00, ma durante la notte “sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute; bar e ristoranti dovranno chiudere a partire dalle 18:00, dopo restano consentiti asporto e consegna a casa; maggiori incentivi allo smartworking; didattica a distanza per studenti delle scuole superiori ed Università, ma in presenza restano consentite le attività laboratoriali o per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e, in generale, con bisogni educativi speciali; proseguiranno in presenze le scuole dell’Infanzia, primarie, secondarie di primo grado (medie), con obbligatorietà della mascherina anche al banco; chiusura di cinema e musei; centri commerciali chiusi nel fine settimana; limite massimo del 50 per cento della capienza per autobus e treni regionali;

            Regioni arancioni: alle disposizioni per le “gialle”, si sommano la chiusura totale di bar e ristoranti, ferma restante la possibilità di asporto e consegna a casa; divieto di “ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici e privati in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione”, tranne che per comprovati motivi di lavoro, di studio, di salute e per stretta necessità; resta la possibilità di accompagnare i ragazzi a scuola.

            Regioni rosse: in queste aree, possiamo parlare di un confinamento soft, simile a quello della scorsa primavera, ovvero lo scenario peggiore al momento. Alla chiusura di bar e ristoranti si aggiunge la chiusura dei negozi, ad eccezione di librerie, cartolerie e di quei punti vendita che trattano cibo per animali e articoli sportivi; restano aperti parrucchieri e barbieri; vietato “ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori, nonché all’interno dei medesimi, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”; consentito rientrare nel proprio comune di domicilio o residenza, come la possibilità di accompagnare i figli a scuola; è consentita l’attività motoria, ma “in prossimità della propria abitazione purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona e con obbligo di utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie”, a patto che avvenga “esclusivamente all’aperto e in forma individuale”; anche qui didattica a distanza per studenti delle scuole superiori ed Università, ma in presenza restano scuole dell’Infanzia, primarie, secondarie di primo grado (medie), con obbligatorietà della mascherina anche al banco.

            Ed ancora, i cittadini che vivono in altre Regioni sono autorizzati ad “attraversare” le zone a rischio, ma solo se debbano “raggiungere ulteriori territori non soggetti a restrizioni”. In più, scattando il divieto di spostamento dalle 22:00 alle 05:00, per provvedimento è necessaria l’autocertificazione per potersi allontanare da casa, ovvero è fatto obbligo di giustificare le proprie uscite in quell’arco orario.

            Osserviamo, in fine, i numeri di questa settimana per ciò che attiene il contagio da Covid19 dal 30 ottobre al 6 novembre. In Italia, circa i contagiati risulta un incremento settimanale di 246.110 casi, mentre nel complesso questi ammontano a 862.681; con riferimento ai deceduti, si registra un incremento settimanale di 2.561 casi, considerato che nel complesso ammontano a 40.638; in terapia intensiva si trovano 2.515 contagiati, con un incremento di 124 al 6 novembre. Ad oggi risultano guariti in 322.925, con un incremento settimanale di 43.648 soggetti. Il numero totale dei tamponi effettuati fin ora in Italia sono 16.951.896, con un incremento di 1.598.406 nell’ultima settimana. Attualmente in Italia risultano positivi 499.118 cittadini.

            Mentre, nello specifico, in Puglia sono positivi ad oggi 15.629 cittadini. Nell’ultima settimana risultano contagiati 6.812 e nel complesso, ammontano a 23.881 soggetti; i deceduti in questa settimana sono 96 e nel complesso, ovvero in tutto il 2020, risultano essere 802; in terapia intensiva si trovano attualmente 122 contagiati; risultano guariti 7.450 soggetti, con un incremento nell’ultima settimana di 1.089 soggetti prima contagiati. I tamponi fin ora effettuati in Puglia sono stati 594.560, mentre nell’ultima giornata risultano effettuati 7.728 tamponi.

            Per dare un’idea dell’andamento del contagio e della crescita cosiddetta esponenziale, soprattutto dei casi, riportiamo i dati, per quanto riguarda l’Italia e per la nostra regione, dal 30 settembre al 31 ottobre. Al 30 settembre in Italia, nel complesso dei 7 mesi di emergenza, risultavano 314.861 casi, 35.894 decessi e 227.704 guariti, mentre al 31 ottobre tali cifre si assestano rispettivamente a 679.430 casi, 38.618 decessi e 289.426 guariti. In Puglia, al 30 settembre si contavano 7.786 casi, 595 deceduti e 4.675 guariti, mentre al 31 ottobre avevamo 18.622 contagiati, 723 deceduti e 6.506 guariti.

            Tutto quanto descritto, circa le statistiche, assume il suo significato se rapportato alla popolazione, e che se si dovesse esprimere in termini percentuali, ci si dovrà far ricorso al calcolo infinitesimale. Il problema resta quello dei numeri di posti negli ospedali, in terapia intensiva come nei reparti competenti, e quello degli operatori in grado di intervenire, infermieri, medici e specialisti, come degli strumenti sanitari. Un deficit dettato da volontà politiche e conseguenti tagli alla sanità.

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