Le arti marziali equivalgono alla violenza?

Le arti marziali equivalgono alla violenza?

          I lettori di Venti di Ponente sapranno quanto questa testata sia sensibile al tema delle arti marziali e alla corretta informazione. E le Arti Marziali, infatti, sin dalle prime battute del Nostro giornale, vengono trattate e spiegate in una delle rubriche che lo caratterizzano. Proprio per tali motivi sentiamo il dovere di chiarire alcuni elementi basilari proprio di questo sport, soprattutto alla luce degli ultimi eventi verificatisi nel nostro Paese.

          È prendendo in esame le notizie di cronaca degli ultimi giorni che colpisce la particolare gogna mediatica indirizzata alle Mixed Martial Arts – Arti Marziali Miste. Nella narrazione degli ultimi accadimenti e dei protagonisti, difatti, le Arti Marziali vengono descritte come uno sport che fomenta l’odio, la violenza e la prevaricazione. Una descrizione piatta e priva di distinguo e obiettività. La realtà, infatti, questa realtà, quella delle Arti Marziali è però un’altra ed è possibile conoscerla frequentando palestre ed accademie, che insegnano le diverse e specifiche Arti. Ora, in tali ambienti, prima della tecnica, si insegnano i valori, i principi e regole, all’interno dei quali ci si può e si deve esprimere l’Arte Marziale: primi fra questi vi è il rispetto per l’essere umano, poi l’autocontrollo e la disciplina. E tra gli insegnamenti non compare, certamente, l’uso della tecnica marziale fuori dagli spazi dedicati e oltre la materassina.

          Ed ancora, le arti marziali insegnano innanzitutto il concetto di onestà competitiva, ovvero l’utilizzo della tecnica, o delle tecniche, all’interno di un sistema di regole ben definito, nel perimetro del quale avviene il confronto. È in questa cornice che il protagonista studia e mette in pratica le proprie strategie, proprio come avviene negli scacchi, per poter vincere la partita. Va da sé che ogni arte e disciplina deve essere praticata all’interno del codice deontologico e morale nel quale sono inscritte. Da qui è chiaro che vi è una netta distinzione tra l’individuo e la disciplina. Al riguardo, mai la disciplina può assumere valori negativi, per definizione, perché il sistema di valori cui si ispira sono sempre sani e a misura di uomo e società. Al contrario l’individuo, che può applicare o no il codice deontologico, e da qui essere accettato o condannato. Il ragionamento è semplice: la Medicina non può essere condannata perché esistono medici che operano al di fuori delle Regole (magari uccidendo), così anche per gli Psichiatri e gli Psicologi, i quali possono operare nel rispetto delle regole, ma anche no (istigando al suicidio, ad esempio). Insomma, non per queste deviazioni si devono condannare la Medicina, la Psichiatria e la Psicologia. Ciò vale anche negli ambiti della Giurisprudenza, del Calcio e via dicendo.

          Certamente, associare le Arti Marziali alla violenza sic et simpliciter è un ragionamento per menti deboli, infantili, incapaci di un minimo di analisi intellettuale…e da qui incapaci di vivere, se non in una prospettiva bovina, con tutto rispetto per i bovini.

          Chiarito quanto descritto, Venti di Ponente intende sottolineare un concetto chiave: una persona violenta è violenta in quanto tale e nulla ha a che vedere con la Arti Marziali, che sono uno sport, una disciplina, uno strumento di crescita personale. Insegnare a combattere e a confrontarsi non è un insegnamento ad uccidere.

          Per concludere, va rimarcato con forza che qualsiasi attività umana e disciplina se non svolte all’interno di un sistema di regole e valori condivisi e civili possono essere letali per chiunque, se il soggetto a praticarle è una persona malintenzionata. Appare chiaro, da qui, che il nesso tra discipline ed individuo non esiste. Insomma, anche il prezzemolo se assunto in dosi massicce procura la morte, ma non per questo non deve condire le nostre pietanze…

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