L’Amore in Musica: l’Orfeo di Monteverdi - di Annamaria Mazzotta

 L’Amore in Musica: l’Orfeo di Monteverdi - di Annamaria Mazzotta

      L’Amorein musica attraversa tutta la produzione operistica in quanto, inevitabilmente, è un sentimento che pregna e attraversa ogni moto dell’esistenza. E quando l’Opera incontra il Mito, allora sì che il terreno diventa fertile e pronto per donarci un mondo colmo di inattese emozioni! In quanto musicologa e M° di tastiere storiche, nonché pianista, mi piace condividere  “lOrfeo di Monteverdi. Una favola d’amore, morte e disperazione”, il quale, pur essendoun’opera antica,  è comunque e sempre attuale. Attuale in quanto Eros, nato con il mondo, non ha mai smesso di lanciare le proprie frecce, persino in tempi caotici come i nostri attraversati da tante incertezze, consegnandoci una Umanità smarrita.

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     E dunque, “Musica”, “amore” e “amare” accumunati dall’Armonia, toccano i sensi, spingendosi nel profondo del cuore e dell’anima. Suoni e melodie sono capaci di mutare l’Essere Umano, componendo una “catena senza fine”. Anche se, a volte, accade che questa “catena” per motivi intrinseci o estrinseci si spezzi, facendo precipitare l’Uomo nel baratro più profondo e nella disperazione più cupa.

     Ma torniamo a “L’Orfeo” opera del compositore veneziano Claudio Monteverdi, considerata vero capolavoro della storia del melodramma in Musica, gettando le basi di una tradizione secolare. Monteverdi, abbracciando quella che era la “nuova prattica”, poneva la propria Estetica musicale su un modo nuovo di far Musica. Siamo nei primi del 1600, anni in cui era in atto un notevole cambiamento, denominato recitar cantando basato su una rappresentazione “affettuosa” della parola: la Musica doveva attraverso l’armonia e il ritmo rappresentarne l’essenza e muovere gli affetti nell’ascoltatore. Ma chi è Orfeo? Nella mitologia greca è un semidio, figlio di Egro, re della Tracia e Calliope, musa della Poesia epica, dalla dolcissima e carezzevole voce.

     Sembra che con la sua voce il cantore Orfeo potesse agire sulle passioni, smuovere, addirittura le pietre, persuadere le fiere e indurre gli alberi a seguirlo. Con il suo canto e il suono della lira dava, persino, forma al mondo, perché “è la sua stessa musica a essere mondo”. Questi e tanti altri sentimenti troviamo nel mito di Orfeo, che, innamorato di Euridice pur di riportarla in vita morta per il morso velenoso d’un serpente, intraprende una “catabasi”, ossia un viaggio verso il Regno dei Morti. Qui, grazie al canto e alla lira, seda Cerbero, incanta Caronte e, una volta arrivato al cospetto di Ade e Persefone, cerca di intenerire i loro cuori. E vi riesce. Può ora portare con sé Euridice a patto che non si volti a guardarla. Ma, mentre è già visibile la luce del Mondo vivente, viene colto da un dubbio: “e se l’ombra che lo segue non è la sua amata sposa?” Allora meglio accertarsi, così si volta e, ahime, Euridice scompare!

     Perde così la sua sposa una seconda volta. E questa lo sarà per sempre! Probabilmente, oggi Orfeo lo definiremmo un musicoterapeuta e, poiché in grado di entrare in contatto con il Mondo dei Morti, uno sciamano “ante-litteram”. E veniamo all’opera. L’Orfeo di Monteverdi si compone di un Prologo e cinque Atti: nel Prologo compare la Musica personificata e introduce l’argomento agli ascoltatori. Nel primo atto si festeggiano le nozze di Orfeo con Euridice; nel secondo, la messaggera riferisce la notizia sulla morte della ninfa;  nel terzo, la Speranza accompagna Orfeo alle soglie del Regno dei Morti che lo ammonisce con la celebre frase dantesca: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”.

     Negli atti quarto e quinto, il cantore ottiene dagli dèi il permesso di riportar via la sua sposa, ma, alla fine, ritorna solo e disperato nel Mondo dei Vivi. Apollo, mostrando pietà, lo conduce con sé in Cielo, donandogli l’immortalità. Il mito insegna che la grande forza dell’Amore è in grado di farci sfidare i pericoli più impervi, che la Vita si vive nel presente e si proietta nel futuro. E ancora… che l’uomo non è tanto onnipotente da poter andare oltre la Morte.

     Il mito ha interessato tutte le arti e nell’ambito della Musica ha ricevuto parecchie attenzioni: Peri, Monteverdi, Gluk e perfino Offenbach, che, nel 1858, compose una versione satirica del mito, l’Orpheé aux enfers, operetta da cui è tratto “le galoppe infernal”, il celebre “Can can”.

    Mi piace chiudere con una citazione del mio amico Sergio Starace, il quale, oltre a possedere l’arte del filosofare, è anche psicoterapeuta e amante della musica. Egli stesso, infatti, compone i versi e il commento musicale delle sue canzoni: “Amare è comporre e cantare un canto a due voci dove i suoni si fondono e si mescolano. E nel mistero divengono anelli di una catena senza inizio né fine”.

Annamaria Mazzotta

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