La prima volta di Benvenuto Messia - intervista di Matteo Gentile

La prima volta di Benvenuto Messia - intervista di Matteo Gentile

Intervista al decano dei fotografi martinesi in occasione della mostra fotografica sui “Vecchi mestieri”

        C’è sempre una prima volta per tutto. E così anche Benvenuto Messia, decano dei fotografi di Martina Franca, per la prima volta nella sua carriera esporrà al pubblico una piccola parte della sua vastissima produzione fotografica che affonda le radici nella metà del secolo scorso. Una vera e propria memoria storica, quella di Benvenuto, che proporrà uno spaccato dei “Vecchi mestieri” attraverso una mostra che si svolgerà nelle stanze della Casa delle Arti di Martina Franca, al civico 8 di Via Arco Casavola, nel cuore del centro storico (alle spalle della torre dell’orologio adiacente la Basilica di San Martino) e la cui inaugurazione è prevista domenica 23 aprile alle ore 18.00.

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     Giocando con il suo stesso nome, cosa che lui ama spesso fare, è il primo ospite Benvenuto ad inaugurare, di fatto, le attività espositive della Casa delle Arti, con sede nell’antico palazzo Motolese-Semeraro, gestita dall’associazione “Riflessi d’Arte”. La mostra, che gode del patrocinio morale del Comune di Martina Franca, Assessorato alle Attività Culturali e delle Spettacolo, resterà aperta dal 23 aprile all’11 maggio dalle 18.00 alle 20.00

     Abbiamo incontrato Benvenuto per sentire un po’ le sue impressioni su questa mostra e sulla sua attività in genere, con la curiosità, tra l’altro, di sapere come mai dopo svariati anni di professione e innumerevoli scatti che hanno catturato emozioni e storie di umanità e del territorio, si sia deciso soltanto adesso di proporle al pubblico “tutte insieme”, o comunque in buon numero.

“Quando gli amici di Riflessi d’Arte, in particolare Tonio e Vita, mi hanno chiamato e invitato a essere il primo fra i numerosi Artisti che esporranno alla “Casa delle Arti”, ho provato subito due sensazioni: ‘leggerezza’, insieme a gioia e un pizzico di orgoglio per il piacere e l’onore che mi davano e la stima che mi dimostravano. Ma anche il ‘peso’, per la difficoltà di ritrovare nella mia Fototeca, i numerosi e vecchi scatti…! Sono quasi 30 anni che non sono più in attività e mi manca, soprattutto, la cara e amata Camer’Oscura. In questo luogo posso dire e affermare: ‘Qui Sono Nato!’. Sì, perché mio padre Eugenio, fotografo anch'egli, faceva ‘casa e bottega’ e io, bambino, giocavo lì”.

      Tu hai potuto vedere la storia della fotografia sotto diversi aspetti, ed è indubbio che essa abbia avuto un’evoluzione molto forte legata allo sviluppo tecnologico. Cosa ne pensi, a tal proposito?

“Spesso chiedono il mio parere sull’evoluzione della Fotografia. Ebbene, io ogni dodici pose dovevo cambiare la pellicola e, prima di ogni scatto, regolare: Tempo di Posa, Diaframma e Messa a Fuoco…! Per poi vedere il risultato, nella migliore delle ipotesi, solo il giorno dopo! Adesso? Basta premere il dito e se ne ‘sparano’ centinaia in un minuto, si vedono subito e il tutto senza acquistare pellicole né a colori e né in B/N…!”

     E i fotoritocchi? Spesso in fotografie di altri tempi, in realtà, si vedono labbra colorate nonostante la foto sia in bianco e nero, o comunque altre modifiche apportate allo scatto originale

“Beh, adesso si lavora di Photoshop, prima le modifiche si facevano direttamente nella Camera Oscura dove, prima di stampare, io rendevo le immagini più chiare o più scure, magari spostavo qualche immagine più a destra o a sinistra, ingrandivo, rimpicciolivo. Insomma, modificavo, ma era un lavoro più artigianale, mentre ora è tutto tecnologico”.

     Come dicevi prima, cambia l’approccio anche nel momento di effettuare lo scatto…

“Certo, oggi basta premere il dito sul pulsante dell’otturatore o addirittura dello smartphone e la foto è fatta. Per esempio, se in questa stanza in cui ci troviamo adesso ora vogliamo fare una foto, non dobbiamo far altro che inquadrare e scattare, poi eventualmente modifichiamo qualcosa, ma lo scatto lo otteniamo. Ai tempi miei, invece, qui dentro avrei dovuto valutare la luce, verificare se il sole filtrava attraverso la finestra o meno, cambiare il tempo di posa, aprire o chiudere il diaframma, e non c’erano gli esposimetri, quindi c’era bisogno di una certa sensibilità e dell’occhio che deve saper cogliere l’attimo e il momento, o comunque la situazione, visto che c’è sempre la possibilità di fare scatti a raffica e selezionare quelli che ci piacciono di più. Oggi siete tutti bravi fotografi: meno male che io me ne sono andato in… pensione!!!”

       Così come sono andati in pensione, o stanno per farlo, alcuni dei vecchi mestieri che hai voluto riproporre nella tua mostra, cercandoli nel tuo archivio di cui parlavi. Il tuo studio, infatti, è sempre aperto.

“Ogni mattina apro la saracinesca e ogni sera la chiudo, su quello che è stato e, alla fine, è ancora il mio mondo, con alcune delle mie amate macchine fotografiche e le tante fotografie che hanno saputo resistere nel tempo. In quegli scatti c’è tanta storia della nostra città e io, modestamente, ne sono stato testimone e ne ho immortalato alcuni momenti che spero possano piacere ancora e raccontare qualcosa di bello alle nuove generazioni”

     Ma non ci hai ancora risposto sul perché questa sia la tua prima mostra, nonostante i tanti anni di onorata e proficua professione.

“Beh, c’è sempre una prima volta. Come dicevo, sono onorato e ci tengo molto a fare questa mostra in un palazzo storico, ed è la prima volta soprattutto perché io ho sempre pensato che se fai una mostra devi presiederla, per poter scambiare le opinioni con i visitatori, prendersi i complimenti che fanno sempre piacere ma sentire anche le critiche che ti fanno crescere, sempre se sono ben argomentate. Quando esercitavo la professione non potevo fermarmi, lo facevo soltanto per prendere parte alle premiazioni dei concorsi che, grazie a Dio, vincevo. Una volta sono stato a Bognango Terme, un paesino ai confini con la Svizzera, per ritirare un premio, perché oltre alla soddisfazione di riceverlo, secondo me, c’è anche il rispetto per chi ha organizzato e ha voluto premiarti, oltre a essere un’occasione di confronto con altri fotografi e appassionati”.

       Così come sarà l’occasione di poter riscoprire attraverso i tuoi scatti alcuni aspetti del nostro territorio, in questa mostra che potremo visitare fino all’11 maggio. E magari ci potrai raccontare qualcosa anche delle altre tue passioni, la bicicletta e il cinema.

“Sono entrambe passioni abbastanza recenti (si fa per dire). Per chi ancora non lo sa, io mi chiamo Benvenuto perché sono nato dopo vent’anni di matrimonio, quando mia madre era ormai cinquantenne, e i miei si erano ormai rassegnati al pensiero di non avere figli. Così, quando arrivai io fu una sorpresa, e invece di chiamarmi Francesco come mio nonno, e come altri tre miei cugini, fui chiamato Benvenuto. Questo per dire che io ho saltato una generazione, pensate che mio nonno materno aveva conosciuto Garibaldi in persona e mio padre era del 1883. Nella loro mentalità lo sport non era concepito, il calcio o il ciclismo erano visti come ‘vastasaggene’ (roba da mascalzoni, in dialetto martinese), e mi diceva: ‘pensa a lavorare o pensa a studiare’. Così ho cominciato molto tardi. Ricordo la prima volta che scesi a Taranto in bici: feci più fatica a strappare la bicicletta di mano a mio padre che non voleva lasciarmi andare che non a fare la salita dell’Orimini”.

     E da allora non ti sei più fermato…

“Modestamente, mi difendo: chi si ferma è perduto”

      E il cinema?

“Anche al cinema sono arrivato da vecchierello. In realtà da ragazzo era un’attività che mi piaceva molto, come a tutti i miei coetanei, ma il cinema allora era soltanto Roma, e quindi irraggiungibile. Poi, a parte l’arrivo di Apulia film commission, poco più di dieci anni fa hanno girato a Martina il film ‘Mannaggia alla miseria’ della regista Lina Wertmüller: ho visto l’annuncio del casting e mi sono presentato per curiosità, e mi hanno preso. Da allora gli Art Director mi hanno richiamato, ho fatto anche lo spot nazionale delle Poste Italiane, per il quale mia moglie disse: ‘non ne stavano altri vecchierelli invece del Messia?’ e invece hanno scelto proprio me addirittura dalla prima foto che avevo dato per il primo film”.

       Insomma, anche essere al posto giusto nel momento giusto è importante, no?

“Sicuro, come dice il motto ‘la fortuna aiuta gli audaci’. Se non fai nulla, non puoi far niente”

    Forse è anche questo il segreto della tua longevità attiva? Non fermarsi mai?

“Innanzitutto va ringraziato ‘u Patetern, che mi dà la forza e la salute. E poi bisogna metterci la volontà, come credo in tutte le cose, nello studio, nel lavoro, nell’arte, e nella vita in generale.

      Appuntamento a Casa delle Arti, allora?

“Certo, vi aspetto tutti, per ricordare i vecchi mestieri ma anche e soprattutto per scambiarci qualche chiacchiera e dire due fesserie insieme."

Matteo Gentile

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