Scienza pura e società – Camilla Russo

Scienza pura e società – Camilla Russo

            Non molte settimane fa il programma "Mille papaveri rossi", ha trasmesso un vecchio documentario sulla storia della bomba atomica. Si tratta di sei puntate, dirette nel 1963 dal regista Virgilio Sabel, che focalizzavano l'attenzione su un aspetto spesso trascurato e sottovalutato quando si parla della storia: il ruolo dello scienziato e della comunità scientifica del suo tempo.

            A differenza di altri settori disciplinari, quello delle scienze fondamentali, cioè le scienze di base come quelle fisico-matematiche, è un settore di ricerca che verte sulla "purezza" dei concetti. Chi studia ad esempio la matematica pura, la logica, la fisica quantistica, l'ottica, ragiona tramite formule e numeri che non sempre hanno una diretta praticità nella vita reale. Quando Marie Curie il 28 marzo del 1902 per la prima volta definisce il peso dell'atomo di radio, la sua curiosità e bravura sono immerse nei segreti della chimica, così come quando nel 1905 Einstein scrive la famosa formula E=mc^2, la sua genialità è finalizzata a descrivere una nuova fisica, senza altro scopo se non quello di dar voce ai pensieri che la mente umana può partorire tramite l'osservazione e l'intelletto. La bellezza delle teorie sta nel dimostrarle, e la bellezza degli esperimenti sta nel poter creare teorie che li descrivano. E' un lavoro che quasi sempre ha come fine se stesso.

            Quando nel documentario sopra citato l'autore ha intervistato menti del calibro di Max Born o Werner Heisenberg, anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, è stato subito evidente il caos e il forte cambiamento del ruolo degli scienziati nella società dell'epoca. Uomini e donne che fino ad allora lavoravano e studiavano nel loro settore, sono stati catapultati in un mondo nuovo in cui le loro ricerche potevano essere pericolosamente strumentalizzate. Nei primi decenni del 1900 in tutta Europa si intensificarono gli studi sulla radioattività, dopo le scoperte di Marie e Pierre Curie. In Italia un giovane Enrico Fermi insieme ad un gruppo di fisici, bombardava gli atomi con neutroni lenti, scoprendo 50 diversi elementi radioattivi. Nel 1938 in Germania i fisici Hahn e Strassman dimostavano che un nucleo di uranio-235 assorbendo un neutrone può dividersi in due o tre parti. In Francia la figlia di Marie Curie insieme al marito Joliot intensificando vari studi sulla radioattività, scopriva la cosiddetta "reazione a catena": i nuclei degli atomi più pesanti, cioè con un maggior numero di neutroni e protoni (come l'uranio), se colpiti da neutroni liberi venivano "spezzati" in nucleo con numero atomico minore, liberando 2-3 neutroni ed una quantità di energia pari a circa lo 0.1% della massa colpita, e con la presenza di altri nuclei accanto a quello colpito, si attivava una reazione a catena. Queste ed altre scoperte sono alla base della fissione, e portarono Fermi alla creazione della prima pila nucleare e poi a quella che fu una delle più grandi catastrofi della storia.

            Le leggi razziali fecero scappare vari fisici in America mentre altri, come Heisenberg (che partecipò al progetto "Uranprojekt" per costruire un reattore nucleare tedesco), rimasero in Germania. Ma ovunque gli scienziati divennero prigionieri di capi politici, costretti ad usare le proprie scoperte e quelle dei collelghi a vantaggio di fazioni contrapposte. La bravura, l'intuito e gli anni di studio si tramutarono in paura, pericolo e consapevolezza delle possibili conseguenze. Furono anni luminosi e allo stesso tempo bui, del tutto contraddittori: da una parte il fiorire di teorie meravigliose ed innovative, dall'altra quello che si può definire uno "stupro" della scienza per fini politici e bellici.

            Per la prima volta nella storia del mondo gli scienziati pensarono di non pubblicare i nuovi articoli, le ricerche e gli esperimenti. Per la prima ed unica volta nella storia due di loro, Einstain e Szilàrd, scrissero al presidente, all'epoca Roosvelt, per denunciare la paura di un'atomica nazista.

            Ora appiamo che Hiltel non la costruì, ma sappiamo anche che Fermi e Oppenhaimer guidando il progetto Manhattan a Los Alamos fecero tutto ciò che la maggior parte degli scienziati temeva.

            La prima guerra mondiale è stata da molti definita la guerra della chimica (per l'uso dei gas come il fosgene e l'yprite), mentre la seconda quella della fisica: due scienze pure al servizio dei tiranni. Dopo quasi un secolo cosa è cambiato? Queste discipline si sono evolute, diramandosi e creando decide di nuovi campi di interesse, con milioni di giovani ogni anno pronti a studiare la nuova e la vecchia scienza. I governi sovvenzionano studi per le innovazioni tecnologiche, solo per fare un esempio quest'anno il Commissario europeo per la ricerca ha proposto 100 miliardi di euro da usare nel 2021-2027 in programmi come EURATOM per migliorare la ricerca sul nucleare, sulle nuove risorse energetiche, sugli impatti ambientali. A livello mondiale aumentano gli studi  teorici nell'ambito della cosiddetta "scienza dei dati", che approfondisce i big data e l'intelligenza artificiale, sui materiali innovativi, sulle neuroscienze, per non parlare di tutti quei settori che riguardano la genetica e la biologia molecolare. Sono migliaia le aziende e le multinazionali che uilizzano il sapere di nuovi studiosi.

            A noi piace fare ricerca. E non siamo più nel 1945. Lavoriamo con passione per enti rispettabili, pubblichiamo articoli, collaboriamo con aziende importanti che vantano princìpi che sembrano inclini ai nostri. Ma come si può sapere in che mani finiranno tutte le idee e le nuove scoperte? E come si può prevedere quando e come la passione per la scienza si possono trasformare in arma utile per terzi?

Camilla Russo

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