Educare alla creatività tra realtà e fantasia - di Patrizia Petrachi

Educare alla creatività tra realtà e fantasia - di Patrizia Petrachi

      Il rientro a scuola, dopo le vacanze natalizie, nonostante le restrizioni è come lo avevo immaginato! I bambini sono arrivati euforici e incontenibili con tanta voglia di raccontare a tutti i costi aneddoti riguardanti le loro giornate di festività trascorse con parenti e amici, tra tombolate e cenoni, ma soprattutto con una grande voglia di descrivere i regali ricevuti da Babbo Natale e dalla Befana.

    Così, approfittando di tanto entusiasmo ho deciso di completare il tema della Leggenda che avevo già intrapreso prima delle vacanze a proposito del Natale di cui avevamo assaporato la magia e il senso dell’attesa. E ne è valsa la pena riprendere e approfondire l’argomento, perché c’è ancora tanto da imparare e, poi, non basta mai consegnarsi all’immaginazione. Anche se siamo in terza elementare, è giusto che i miei piccoli conoscano l’etimologia delle parole e quindi ho spiegato che Leggenda deriva dal latinolegenda”  che significa “cose che devono essere lette”, che si tratta di un racconto molto antico appartenente alla tradizione orale, in cui il reale si mescola con il meraviglioso.

    Ho sottolineato che originariamente il termine si riferiva al racconto della vita di un santo e dei suoi miracoli; successivamente ho indicato, per estensione, alcuni esempi di racconti in cui gli elementi reali vengono trasformati dalla fantasia, nel tentativo, da parte degli uomini, di provare a esporre la causa di certi fatti difficili da afferrare con l'intelletto. Questo aspetto affascina molto i bambini, che tendono per natura e con abilità, a inventare e a fantasticare sulla realtà, e se i racconti, poi, sono legati al Natale o alla Befana, il gioco è fatto!

      Così memore dell’esperienza di fine anno, mi lascio prendere dall’entusiasmo e propongo quindi una serie di leggende da analizzare ricollegandomi a quella dell’agrifoglio e del panettone, fino a giungere a quelle che riguardano la Befana. É consuetudine far seguire al momento della fruizione quello della produzione, così, facendo leva sempre sulla sfera motivazionale, propongo ai miei allievi di  inventare delle leggende. Il risultato è stato positivo, e ancora una volta resto sbalordita di come siano già in grado di rispettarne la struttura e gli elementi, di scriverle con la semplicità, l’innocenza e l’immaginazione di un’età per me, ahimè, così lontana.

       E allora, forse, li invidio un po', perché credono ancora a Babbo Natale, ad una vecchietta con la scopa volante e alla bontà del mondo. Riflettendoci è quello che in psicologia e antropologia viene chiamato “Il pensiero magico”, ossia “la descrizione di attribuzioni illogiche a determinate cause, senza la mediazione di alcuna prova empirica”. Ed è quello che fanno i bambini. “Il pensiero magico”, infatti, secondo il Piaget, termina intorno ai sette anni e tende ad attenuarsi con l’età sostituendosi a forme più razionali e simboliche di ragionamento, ma rimane presente come possibilità anche negli adulti.

      Credo che per noi sia una grande opportunità! Non si tratta di chiedersi quale sia il confine tra storia e leggenda o tra realtà e fantasia, ma di lasciarsi andare, di essere, ogni tanto, meno logici e razionali, di rivivere la meraviglia e lo stupore di quando eravamo piccoli, perché, come Roald Dahl -scrittore e sceneggiatore, conosciuto soprattutto per i suoi romanzi per l'infanzia- diceva, “chi non crede nella magia, non la troverà mai!”

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