A Scuola di sorrisi… - di Patrizia Petrachi

A Scuola di sorrisi… - di Patrizia Petrachi

       Trovarsi in classe la mattina e vedere entrare i bambini con un gli occhi sorridenti è davvero un buon inizio di giornata. Sentirsi dire “Buongiorno maestra!” accompagnato da…  un bel sorriso sdentato mi mette allegria e mi fa cominciare con il piede giusto. Magari strada facendo i sorrisi si perdono, ma è più facile che si moltiplichino dato che i bambini colgono più degli adulti gli aspetti ironici della realtà e non trattengono la propria ilarità. A volte è sufficiente uno scivolone, come  lo “scoppio” dell’inchiostro di una penna o uno strano verso per rompere l’incantesimo del silenzio appena conquistato.   

     Quante volte sento dire: “Maestra lui mi fa ridere!” proprio mentre sono riuscita a catturare l’attenzione di tutti e allora data la contagiosità del sorriso, si attiva un “domino” di risate sguaiate e senza motivo, così io mi fermo, li lascio sfogare e poi si ricomincia.

    Il sorriso di cui vorrei parlare, però, non è riferito a questo semplice gesto naturale e dal potere enorme. Vorrei riflettere, invece, sulla potenzialità di un approccio sorridente e positivo da attivare durante la relazione educativa tra insegnante e alunno.

    Negli ultimi anni le neuroscienze hanno messo in luce la stretta correlazione tra i processi cognitivi e la sfera emotiva. È su questa idea che si basa la teoria di Daniela Lucangeli che invita i docenti a sintonizzarsi con la parte più emotiva dei ragazzi. La psicologa, “docente di Psicologia dello sviluppo” dell’Università di Padova, parla di una vera rivoluzione del sorriso per una didattica sempre più attraente.

     Secondo Lucangeli “Le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni: se un bambino impara con curiosità e gioia, la lezione si inciderà nella memoria insieme alla curiosità e alla gioia. Se impara con noia, paura, ansia, si attiverà l’alert: la risposta della mente trasmetterà il messaggio «Scappa da qui, perché ti fa male». “

     Se un bambino apprende con gioia, traccerà nel suo vissuto emotivo quello stesso apprendimento e quando lo ricorderà, riproverà la sensazione di benessere legata a quell’esperienza, altrimenti quell’apprendimento sarà vissuto come un fallimento. Per questo il sorriso deve entrare nelle aule, deve essere una scelta educativa, deve riaccendere la motivazione negli alunni e soppiantare la noia e l’abitudine derivanti da un metodo d’insegnamento tradizionale, trasmissivo, unico per tutti.

    Si tratta, semplicemente, di stabilire con gli alunni relazioni positive e serene e accogliere le diversità di ciascuno rispettando i diversi stili di apprendimento. Durante la mia trentennale esperienza nella Scuola primaria ho trovato riscontro in tali teorie, soprattutto ora che sperimento il tempo prolungato.  Infatti, i bambini che trascorrono 8 ore al giorno nell’ambiente scolastico, hanno bisogno di chi si prenda cura delle loro emozioni, perché al di fuori della scuola c’è poco tempo da dedicare a questo importantissimo aspetto. D’altro canto, è evidente quanto influisca sul loro apprendimento anche il mio umore, il mio stato d’animo, la mia predisposizione a sorridere. In certi momenti difficili, in realtà, un sorriso diventa un vero e proprio atto di coraggio.

      Ma, noi docenti, non dovremmo mai perdere questa capacità, perché sorridere è un modo per comunicare ed entrare in contatto con gli alunni, far sentire la nostra vicinanza, la nostra cura, la nostra comprensione anche di fronte ad un errore. Il sorriso diventa allora una forma di incoraggiamento e in questo modo è più facile che quell’errore non si ripresenti più. A tale proposito il maestro Gianni Rodari scriveva: “Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?”. Domanda che noi insegnanti dovremmo porci continuamente.

    Abbiamo tutti bisogno di leggerezza, soprattutto in questo periodo caratterizzato da restrizioni che limitano il nostro vivere quotidiano. Una leggerezza che non è mai superficialità, ma capacità di guardare la vita e gli altri con uno sguardo nuovo, empatico, soprattutto quando gli altri sono bambini. In questi giorni in cui i bambini dell’Ucraina sono messi duramente alla prova da un’ingiusta guerra, ho voluto leggere ai miei alunni di terza elementare questa poesia di Gandhi dove il “Mahatma”, suo appellativo onorifico,  invita a portare un sorriso, un po' di luce o di positività dove manca, in un’ottica di altruismo verso chi non è felice.

Prendi un sorriso

“Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo”.

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