La Voce è l’invisibile carezza che ri-cerca se stessa - di Tyna Maria

La Voce è l’invisibile carezza che ri-cerca se stessa - di Tyna Maria

La carezza è il riguardo amorevole che custodiamo dell’altro, e, ancor prima, il desiderio di raggiungerlo sino al confine che però non vogliamo prepotentemente valicare. La carezza sulla pelle è il luogo esplorativo ed evocativo: è come una brezza ventosa che “m’ accarezza i capelli” in una poesia di Neruda o in un pomeriggio alla riva schiumosa del mare d’inverno; è come quell’alito di Voce, che scioglie ogni nodo emotivo e relazionale.

        Il carattere melodico di un gesto è come la carezza della Voce, che accarezza quando si modifica nelle emozioni più travolgenti o nelle sue inflessioni.
     Quando innamorati lasciamo scivolare le nostre dita sul volto amato, mentre i nostri occhi sono persi lì nel cristallo della vita altrui, lo sentiamo il fermarsi del tempo, non abbiamo parole che desiderano essere parlate, soltanto effusioni, odori che ricercano carezze viso a viso, polpastrelli che tracciano, nel desiderio ardente dell’altro, sino al suo confine. È il luogo in cui ritroviamo uguaglianze e differenze, è il passe-partout  di ogni incontro con l’Altro che fa  me, sempre nuovo, perché sollecitato da chi è pienamente altro da me e nel quale posso sconfinarmi. In fondo, come potrebbe lo stesso Infinito palesarsi, se non sconfinando il suo stesso limite?
       La carezza è l’ammissione incondizionata dell’esistenza dell’Altro, e in ogni carezzevole nostro gesto, confermiamo un processo tra pari, pur nel rispetto delle peculiari differenze.

       Dunque “La saggezza - citando l’antropologo britannico Gregory Bateson - è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza stessa”, poiché ciò che differisce da me conferma le mie peculiarità, le esalta, le circoscrive.

     Bella è l’immagine che ci consegna il filosofo Emmanuel Lévinas, definendola “una marcia verso l’invisibile”, poiché la sua stessa essenza è cercare senza sapere bene cosa cercare, è amare senza motivo!

     Nell’articolo del maggio scorso, ci siamo lasciati affascinare da quel legame primario genitoriale che getta le basi relazionali ed estensive del primo vagito verso il mondo, ancor prima che comunicative attraverso il linguaggio culturalmente codificato.  La Voce, la nostra Voce, di fatto, impone, sin dalla nascita, il nostro tratto identitario nel Suono, lo realizza dinanzi al mondo intero.

Così, in età adulta, nelle relazioni familiari, di amore o di amicizia, possiamo scoprire che il modo in cui sfioriamo l’altro, nel gesto come nel suono della nostra Voce, specifica l’evoluzione e il vissuto emotivo del dialogo, poiché non siamo che l’effetto di superficie di una rete di vissuti emotivamente e profondamente intrecciati.

L’augurio è di poter percepire la Bellezza di “accarezzare” il mondo senza volerlo a tutti i costi conquistare, accarezzare l’altro senza volerlo prevaricare, sentendoci umilmente parte di un Tutto di cui poco sappiamo, ma che ci determina nel nostro Essere al mondo, nel nostro essere Umani.

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