Un solo abbraccio (3°) - di Rossella Maggio

Un solo abbraccio (3°) - di Rossella Maggio
       Qui, il terzo appuntamento con la "Narrativa d'Appendice" per godere del racconto di Rossella Maggio, che si snoda in sette puntate, pubblicate ogni sabato.
Buona lettura...
Pompea Vergaro
------------------------------------------
 

        “Dì, che facciamo? Abbiamo fame e ci fermiamo in uno di questi ristorantini, oppure…” Marco non finì la frase, che già Anna, con gli occhi che le ridevano, gli aveva risposto: “Oppure…” Quell’eco la rimandava indietro negli anni a quando con quel vezzo verbale si sfidavano a buttarsi in una delle loro avventure, spesso fatte di cose da nulla, ma reinventate e così vissute da entrambi come straordinarie. Oppure … entrarono in un forno che esibiva pucce con le olive, pizzi al pomodoro e cipolla, pucce farcite con ogni sorta di verdure o sfizieria che il palato potesse desiderare. Davanti alla commessa divertita ebbe inizio la sfida: “Io prendo una puccia con dentro le rape ‘nfucate”, disse Anna.

Fu la volta di Marco: “Nella mia ci metta melanzane e peperoni.”
“Aggiunga le paparine”, fece Anna, ridendo.
E Marco, con lo stesso sorriso:” pomodori secchi tonno e capperi.”
“Sanàpi e zangni!” Trillò, lei, felice .La commessa, che aveva riempito quel pane tondo e bianco ormai fino all’inverosimile, ironicamente chiese: “Altro?”
“Hai vinto tu!”
 “No, tu!”
“È  vero che ha vinto lui?” La commessa, credendoli imbecilli, continuava ad incartare le pucce.
“Ma no, no!” Rincarava la dose, Marco, “nella sua ci ha messo dentro più cose: lo dica che a vincere è stata lei!”
Nell’uscire dal forno concordarono di andare a sedersi in piazza Duomo, sulle gradinate della cattedrale così da poter abbracciare con lo sguardo la cornice barocca che la ospita.
“Il vero ingresso però è quello laterale”, disse Marco, addentando la sua puccia ripiena.
“Già! Questa che abbiamo alle spalle è solo una facciata scenografica: dietro c’è il vuoto.”
“Come nella mia vita”, fu appena un fiato e aveva il profumo intenso dell’aceto e dei capperi.
Lei gli piantò addosso uno sguardo che gli radiografava l’anima. Attese, muta e attenta, che tornasse a parlarle.
“Ho un figlio, sai! Un bellissimo bricconcello di nove anni. E ne sono fiero!”
"E cos’hai da lamentarti, allora? Sempre quegli occhi muti, con dentro la domanda non taciuta."

        D’un tratto, lo disse: “hai trovato l’altro te”. Sapeva che lei sapeva. Che aveva sempre saputo.  Con Anna era così. E aveva smesso di stupirsene. Era passato quel tempo in cui un’intuizione, un presagio, una verità che, istintiva, emergeva dal profondo di quegli occhi, dall’odore stesso di quella pelle, gli attanagliava il cuore. Aveva compreso che, invece, tutto questo aveva il potere di amplificargli, acuendoli, i sensi. Di ingigantire ogni sensazione, potendosela rimirare quasi come attraverso un microscopio interiore, portandone alla luce della coscienza gli i recessi più nascosti.

     “Ho trovato l’altro me”, ammise con dolcezza. Quella dolcezza che un tempo non gli sarebbe bastata a coprirsi dal freddo di una rivelazione, quasi fosse una coperta troppo corta, troppo sottile per scardargli i pensieri nudi come neonati. Ora invece la luce quieta di quelle pupille, quiete come il Mediterraneo in bonaccia, su cui potersi cullare come tra le braccia di una madre, lo invitava a parlare, a confidarsi.

“Fil. Si chiama Fil e, come me, si occupa d’ingegneria elettronica.”
“E la madre di tuo figlio, che ne pensa?”
“Non lo sa. Semplicemente. Non perché sia da nascondere, ma perché se ne è andata prima che accadesse, che io stesso riuscissi a pensarlo, riuscissi a dirmelo e a dirglielo.” Disse marco, tutto d’un fiato.
“Avevi proprio bisogno di parlare…”, tenerezza in quel suo sorriso lento ad affiorare e perciò profondo.
“Con te, ora, mi riesce!”
“In cambio ti regalo una mia confidenza”, socchiuse gli occhi a fessura, come lui ricordava, quando era intenta a mettere a fuoco un pensiero, una parola una frase.
“Non dirmi che pure tu hai trovato l’altra te!” Scherzò.
“Beh…non esattamente!”, lo investì lei con uno sguardo birichino, pronto alla burla. Intanto si andavano pulendo le labbra dalle briciole con i tovaglioli di carta, offrendosi l’un l’altro un boccone del proprio pane: “Dai, assaggia questo! Le melanzane arrostite sono fantastiche!” Le due teste si allontanavano e si accostavano, mente le spalle si toccavano e i piedi giocavano liberi sui gradini della scalinata.
“E tu prendine un po' del mio con queste cicureddhe da favola!”
“Sta a vedere che davvero appaiono le fate!” D’improvviso un ricordo le si accese nella mente: “Le fate! Ti ricordi, con lo scooter, quella sera di giugno al Ninfeo delle Fate!”
        Se lo ricordava eccome! Erano andati per campagne abbandonate dalle parti della stazione ferroviaria, verso la via di San Cesario, a bordo di un motorino scassato, preso a prestito da un amico di Marco. Da un viottolo dimenticato e invaso dalle erbacce si apriva quello che era il ricordo di un breve slargo, riconoscibili ne restavano i basoli, vecchissime chianche di pietra che un tempo lastricavano le strade. Lì avevano parcheggiato lo scooter e, a piedi, si erano incamminati verso quello che sembrava l’accesso ad una masseria abbandonata. Districandone l’entrata dagli arbusti erano riusciti ad introdursi all’interno della costruzione ed erano rimasti di stucco. Le fate, o ninfe cui quel luogo era consacrato ammiccavano, sporgendo dalle nicchie in cui i secoli le avevano confinate, pronte a dispensare bellezza e ristoro a chi si sarebbe bagnato nella vasca circolare, i cui resti sorgevano dal pavimento della stanza accanto. “Ecco perché gli anziani parlavano di un’acchiatura, un tesoro, custodito dalle fate, che i contadini andavano cercando da queste parti!” Aveva esclamato Marco, felice della nuova scoperta.

CONTINUA…

powered by social2s

Questo sito web fa uso di cookie tecnici e analitici. I cookie analitici usati in questo sito sono cookie analitici di terze parti, utilizzati a fini statistici per la raccolta di dati aggregati, gestiti con la tecnologia della anonimizzazione dell'indirizzo IP. Essi non vengono incrociati con altri servizi. Per tali ragioni sono assimilabili a cookie tecnici e, pertanto, l'uso di questi cookie non necessita del consenso preventivo da parte dell'utente del sito. Questo sito non fa uso di cookie di profilazione dell'utente.