Italia 2021: PIL su, economia giù? – di Gianmarco Pennetta

Italia 2021: PIL su, economia giù? – di Gianmarco Pennetta

           Dopo un 2020 senza precedenti, caratterizzato da una forte e generale contrazione del Pil sia in Italia sia all’estero, nel 2021, invece, l’economia italiana sembra essere tornata a respirare. Sebbene l’incertezza causata dall’emergenza sanitaria si sia fatta ancora sentire in Piazza Affari, tuttavia sul piano produttivo l’anno appena trascorso ha registrato un aumento del Pil nazionale intorno ad un +6,3%, in tendenza contraria rispetto al 2020 in cui il Pil ha registrato valori negativi: è ciò, però, gli esperti lo definiscono “rimbalzo tecnico” ovvero quella forte e repentina ripresa avvenuta dopo un momento di forte decrescita.

        Proprio per questo si richiede una riflessione, in quanto diventa evidente che si tratta di un incremento percentuale, ma sostanzialmente negativo se si guardano i dati del 2019 in valori assoluti, e cioè ancora l’incremento percentuale è dovuto dal fatto che si partiva chiaramente da una situazione negativa.

        Tutto ciò appare ancora più chiaro se si considerano le finanze dello Stato. Secondo le stime indicate dalla Ragioneria Generale di Stato infatti, le entrate finali rilevate per lo Stato nel 2021 sono pari a 580 miliardi di euro circa, mentre le spese finali rivelate ammontano a 773 miliardi di euro, con un saldo netto negativo, un deficit dunque, di poco inferiore ai 200 miliardi di euro e un debito pubblico complessivo che arriva al 154,4 % del Pil. In altre parole, il popolo italiano dovrebbe lavorare un anno e mezzo gratis per risanare il debito del suo Stato.

In conclusione il Pil è aumentato di circa sei punti percentuali a fronte di un aumento del debito statale di 200 miliardi di euro. E ci si chiede: che tipo di economia è la nostra? E ciò anche dal momento che i rapporti economici e finanziari con l’estero non registrano valori positivi. E ci si chiede ancora: abbiamo vissuto facendo debiti?

          Una situazione finanziaria che sembra non precipitare, ma rimanere ugualmente preoccupante, dal momento che, complice l’emergenza sanitaria, il livello del debito rispetto al PIL è rimasto invariato percentualmente. Se vogliamo quindi guardare soltanto i numeri, per quanto freddi e sintetici, ci indicano una stabilizzazione del debito in termini relativi. Ma parlare di cifre senza avere presente una situazione d’insieme rende tutto poco concreto. E veniamo ai punti.

         Ricordiamo tutti che nel 2020 l’Italia ha ricevuto 191,5 miliardi di euro, di cui 121 in prestito, dal programma europeo denominato Recovery Fund (ovvero il fondo per la ripresa) per permettere un rilancio dell’economia italiana attraverso un piano di investimenti mirati, noto come Pnrr.  A questo va aggiunta la forte spesa erogata attraverso i bonus ai privati previsti dalla legge di bilancio 2020. E qui appare chiaro che una percentuale molto importante del Pil, non sia dovuta alle attività estere, ma ad una forte spesa interna alimentata dallo Stato, che, come si è già sottolineato, ha totalizzato per questo un deficit per il 2021 di ben 200 miliardi di euro.

        Difatti, secondo i dati forniti dall’Istat, sono l’aumento dei consumi delle famiglie residenti che segnando un deciso incremento del 5,1%, portano molto in alto il PIL, a cui contribuiscono, in maniera minore, gli investimenti sebbene registrino un aumento del 15,7% rispetto all’anno precedente. Per capire tale graduatoria occorre tener presente che i consumi in termini assoluti sono quattro volte superiori agli investimenti.

        In questa direzione, è importante notare che il quadro economico/finanziario italiano ha subito una terribile debacle nel corso dell’ultimo decennio per il progressivo ricorso al debito. A partire dall’arrivo del Governo Monti nel novembre 2011 ad oggi infatti, il debito pubblico italiano è cresciuto notevolmente arrivando ad avere un peso sul Pil del +40% in termini assoluti a fronte di un servizio pubblico che non ha avuto sostanziali miglioramenti.

       A questo va aggiunto che oggi oltre un terzo del nostro debito pubblico si trova oltre confine. Vale a dire che i titoli di Stato italiani vengono acquistati da investitori stranieri. Il più delle volte si tratta di banche che si trovano in Germania e Francia. Una percentuale enorme se si pensa che nel 1988 solo il 4% degli investitori proveniva dall’estero, con un Pil di 891,6 miliardi di lire.

      Sicché non è da escludere che negli ultimi anni molte decisioni dei vari governi che si sono susseguiti a Palazzo Chigi sono state influenzate dall’estero, creando una situazione paradossale nella quale nel nome del rispetto di un rigore finanziario, si è assistito ad un aumento incessante del debito. Un sacrificio in nome degli investimenti. Resta allora da chiedersi a che cosa stiamo andando incontro?

È troppo presto per rispondere, siamo di fronte ad un processo lungo a cui serve tempo per diventare chiaro a tutti. E ciò quando ormai sarà troppo tardi per evitarlo?

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