Salento Esoterico (7a°): Il mistero della Cappella di Sternatia di Lecce - di Grazia Piscopo (3)

 Salento Esoterico (7a°): Il mistero della Cappella di Sternatia di Lecce - di Grazia Piscopo (3)

Salento Esoterico (7a°): Il mistero della Cappella di Sternatia di Lecce - di Grazia Piscopo (4)

       Sicuramente molti lettori sapranno che nel cuore del nostro Salento, nell’immediato sud di Lecce, si estende un vasto territorio, grecofono, di immenso valore paesaggistico, poiché immerso in una preziosa e rara macchia mediterranea.


     Qui, campeggiano secolari alberi di ulivo, che, in forme antropomorfe e zoomorfe, sono silenziosi testimoni di storie e misteriose leggende, che si tramandano da secoli. E così, se ci si trova a passeggiare in queste campagne, nelle zone boschive -a tratti regolate da arcaici muretti a secco- si possono ammirare, soprattutto nelle stagioni di pioggia, segreti e magici laghi temporanei, che evocano, attraverso un salto spazio-temporale di millenni, la mitologia greca, le invisibili danze propiziatorie di eleganti menadi e fauni…

    All’interno di questo territorio, denominato Grecìa Salentina, si trova Sternatia, che, a soli 20 km da Lecce, ha da poco dismesso i panni di centro ad esclusiva economia improntata sull’agricoltura e sulle attività masserizie. Ovviamente, le radici contadine e agricole sono ancora oggi ben visibili, in una cultura, che vista dal di fuori, appare ancora vistosamente legata a strutture sociali e ritualità antiche e campestri.

     Il canto e le preghiere dei contadini di una Sternatia di qualche secolo fa, infatti, non sono affatto scomparse, anzi insistono ferree nel DNA culturale dei suoi attuali abitanti, e continuano a sopravvivere, per esorcizzare la paura delle malattie, delle carestie e della morte, in una sorta di devozione-sudditanza nei confronti del feudatario o del padrone di turno, ma anche verso la iconografica Trinità.

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     Proprio a tal proposito, lo Spirito Santo, “incarnando” la sua energia femminile nel Padre e nello stesso Figlio, è stato molto spesso oggetto di culto votivo, che si può riconoscere spesso nelle costruzioni di imponenti chiese o di solitarie cappelle rurali.

    Ora, fra il IX e XI secolo, in piena dominazione bizantina -che lascerà una traccia indelebile nella architettura del luogo e persino nella lingua che verrà chiamata Griko- pare che alcuni contadini, lavorando desolati appezzamenti di terra lontano dal paese, ad un incrocio della strada che porta allo storico “lu laccu de lu craparu” (avvallamento verde fra Soleto e Sternatia) decisero di costruire una cappella votiva dedicata esclusivamente proprio allo Spirito Santo.

   Non sono molte le notizie riguardanti la storia di questo piccolo luogo di culto, di cui non si conosce con una certa esattezza neanche la data di costruzione. Molto si conosce tuttavia attraverso la storia non scritta, quella tramandata oralmente nei secoli, di padre in figlio, circa alcuni suoi segreti, che ne fanno di questa una piccola costruzione rupestre santa, eppure stregata.

      La cappella bizantina è magneticamente posta ad un crocevia. L’intonaco è chiaro e in alcune parti scrostato. Il primo vano largo e coperto, fa da invito a quello sacro caratterizzato da volte a botte. All’interno si trova un antichissimo affresco, corroso dal tempo, raffigurante lo Spirito Santo nella sua consueta simbologia di colomba tra Dio Padre e il Figlio, di cui sorregge la croce. Angeli oranti al lato dell’affresco completano la sacra iconografia. Innanzi all’affresco, uno spartano altare diventa l’unico arredo di pietra.

    Dal momento della costruzione si è sempre bisbigliato qualcosa a proposito del singolare luogo e delle stranezze che solo lì accadevano ma, si sa, le storie popolari non scritte si perdono nel tempo come fumo nell’aria, pur rimanendo nella memoria dei discendenti.

     Appena trent’anni fa, Lucia e Salvatore M., finito il lavoro nella loro campagna, mentre erano intenti a raccogliere gli attrezzi di lavoro, nel magico momento della giornata in cui la luce del giorno sta per soccombere al buio della notte, vedono sbucare proprio alle spalle della cappella circondata dal nulla di vaste campagne, uno strano personaggio. Sternatia era un paese di poche anime dove ognuno conosceva non solo il proprio vicino di casa, ma addirittura la fisiognomica di tutti gli abitanti del paese. Quell’uomo tuttavia era uno sconosciuto. Altissimo di statura, con un cappello a larghe falde, vestito di un lungo e impressionante pastrano nero.

    Tale apparizione spinse i due coniugi a sbrigarsi nelle loro faccende di rassetto e proprio nell’intento di piegarsi verso terra ebbero modo di osservare i piedi dello strano pellegrino. Assurdi quanto agili piedi caprini, che sbucavano da sotto la pesante stoffa nera, furono la decisiva motivazione della precipitosa fuga dei due contadini.

    In tempi più recenti, Antonio G., uomo di grande senno ed equilibrio, giura che passando davanti la cappella durante il crepuscolo, vide sbucare dal nulla grandi e chiassosi uccelli neri e sentire strane voci e mormorii incomprensibili.

    Si dice che questo sia un luogo magico, santo e stregato. E per quanto sia magnetica e attraente la sensazione di avere nel proprio paese un luogo così unico e speciale, stranamente pochi abitanti di Sternatia, si avventurano di pomeriggio tra quelle campagne, dove per l’appunto la Cappella dello Spirito Santo, solitaria veglia quei luoghi tanto desolati quanto misteriosi…

Grazia Piscopo

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