Turismo in provincia di Lecce: riflessioni sul 2022 – di Samuele de Benedetto

Turismo in provincia di Lecce: riflessioni sul 2022 – di Samuele de Benedetto

            È ampiamente acclarato che il 2022 per il turismo in provincia di Lecce è stato un anno più che positivo e che, in qualche modo, si è superata l’impasse del 2020-2021. Certamente, la crescita e il superamento di frangenti critici non devono essere gli unici argomenti da affrontarsi in tema di turismo, o gli argomenti a cui tutto ricondurre.

           L’argomento crescita, infatti, non deve essere sopravvalutato rispetto alle problematiche dello sviluppo, che implica anche tutte le questioni legate alla trasformazione di un sistema verso soluzioni più evolute, più articolate, più sistemiche. Che un fenomeno mostri una crescita significa è ben poca cosa, rispetto alla sua strutturazione, al raggiungimento di una certa organicità interna ed esterna e da qui ad una sua stabilizzazione all’interno dell’economia di un territorio. Queste ultime, tutti nodi inerenti alle questioni dello sviluppo.

            Il turismo in provincia di Lecce, infatti, mostra ancora molto basse le connotazioni di manifestazione stabile del nostro sistema economico. Una fetta importante delle dinamiche di questo settore è ancora riconducibile ad intraprese occasionali e d’avventura, che non si muovono in maniera coerente rispetto allo scenario complessivo e alle retrostanti esigenze del territorio.

            Lo dimostrano le performance dei vari centri turistici del Salento. I dati non confortanti di Gallipoli evidenziano con molti livelli di approssimazione che, per questo centro, di cui molto si è discusso e argomentato, sta per terminare il tempo di una crescita esclusivamente quantitativa e che la relativa crisi, che si stagli all’orizzonte, sarà necessaria per riqualificare l’offerta in senso qualitativo e sistemico. Passaggio questo già realizzato dal turismo otrantino, che per lunghi dieci anni ha vissuto una estenuante fase di stallo, necessaria a riformulare un’offerta di più alta qualità non solo in termini di servizio, ma anche in termini di organicità.

            Ed in effetti, Otranto da qualche anno va inanellando risultati positivi, che mostrano il suo smobilizzo rispetto ai primi quindici anni del 2000, che furono caratterizzati da un blocco nella crescita di arrivi e presenze.

            Affianca Gallipoli, Melendugno con le sue marine, che mostrano chiari i segni del congestionamento e dell’incapacità di evolvere verso soluzioni che permettano un nuovo tipo di economia, un nuovo tipo di incedere, più aderenti alle esigenze sia del territorio, oramai esausto, sia delle dinamiche nazionali ed internazionali dei flussi turistici.

            Apparentemente migliori sembrano le performance di Lecce e Ugento. In effetti, rispetto alle problematiche dello sviluppo sono, però, i fanalini di coda dei grandi centri turistici salentini. E questo perché sia il capoluogo salentino, sia quella parte di costa posta a sud-ovest della provincia, non hanno espletato quella crescita quantitativa e massificata, oltre la quale vanno rivalutati i moduli di offerta e di organizzazione imprenditoriale e territoriale.

            È sotto gli occhi di tutti che il turismo a Lecce città è questione con connotazioni prettamente massive, che non potrà reggere a lungo e ci si aspetta che nel giro di qualche anno si imboccherà la strada che oggi vede protagoniste Gallipoli e Melendugno.

            Tutto questo perché i tempi dello sviluppo turistico in provincia di Lecce sono stati diversi, i quali hanno visto il decollo prima di Otranto, negli anni ’80, poi di Gallipoli e di Melendugno sul finire degli anni ’90, e solo nell’ultimo quindicennio il turismo di massa ha visitato Lecce e Ugento.

            Su questa prospettiva di lettura del fenomeno turistico salentino vi sarebbe molto da dire e argomentare, non escludendosi critiche e criticità. E tuttavia, l’idea di proiettarsi in tale direzione implica una visione del turismo come settore da incastonare stabilmente nel tessuto produttivo leccese e non invece come fenomeno passeggero. Un ragionamento sicuramente azzardato, essendo, se non in pochi tratti, l’economia leccese non autocentrata e non autoreferente. Ma questo non esclude la possibilità di intendere e dunque volere un’economia salentina dialogante.

Samuele de Benedetto

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