Trascrivere e conservare, lasciare un segno di immortalità. “Che cosa lasciamo dopo di noi? - si chiede il giornalista e scrittore Tiziano Terzani in “La fine è il mio inizio” - Sicuramente i figli e i nipoti ma anche un libro da sfogliare in cui racchiudere i sentimenti, gli stati d’animo, i pianti di compartecipazione ma anche le risate liberatorie.” C’è tutto questo nella storia degli uomini e delle donne sulla terra, ma anche altro: questioni di potere e di controllo delle proprietà per imporre le tassazioni, conservare le leggi, fissare formule propiziatorie, i riti, le preghiere, le pratiche divinatorie.
«Che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino», che 16 librerie si aprano e centocinquanta dipendenti vendano libri… Diverse le circostanze ovviamente e i propositi fra il celebre detto di Mao, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto favorire la partecipazione popolare alla costruzione della Nuova Cina, e la volontà di tre giovani donne di aprire il negozio di Zamolek, un luogo di cultura, una libreria in cui mettere in vendita opere letterarie in arabo e nelle lingue occidentali: francese, inglese e tedesco. L’8 marzo 2002 tre giovani, Nadia Massef (27 anni, “donna d’azione”), Hindi sua sorella (30 anni, “riservata e leale”) e Nihal (40 anni, “brava con le persone”) decidono nonostante i pareri contrastanti e dissuasivi di dare vita ad una attività apparentemente commerciale, ma sostanzialmente culturale: portare la letteratura, l’arte, la fotografia, le guide turistiche in Egitto, al Cairo, ripercorrendo a ritroso l’antico detto: “gli egiziani scrivono i testi, i libanesi li pubblicano e gli iracheni li leggono”.
Finalmente a teatro dopo la lunga astensione forzata, il 6 ottobre scorso, al Franco Parenti di Milano, con "Canto per Europa" di e con Paolo Rumiz, lettore della sua opera che si alternava con altri due, di cui una donna, Evropa/Europa, e una piccola presenza musicale di qualità, due musicisti che accompagnavano le parole dense del mito e della storia con suoni qualificati come mediterranei. Il mito del ratto della giovane donna sedotta da Zeus sotto forma di toro bianco immacolato entra in collisione con la storia moderna fatta di reciproci dissidi fra i popoli vicini, i greci e i turchi, Sidone e la Siria, un grande continente così bello come lo potevano immaginare le fervide menti dei poeti antichi che ancora oggi seduce, che ha ancora bisogno del nostro desiderio e dei nostri sogni. Eccelso, grande Paolo Rumiz!
In un capitolo dell’ultima opera pubblicata postuma nel 2006, dopo la sua morte avvenuta nel 2004, con il titolo “La fine è il mio inizio” Terzani riassume i contenuti di questo libro, nato in seguito all’attentato terroristico di New York dell’11 settembre 2001.
Le avventure continuano all’Isola sulla Terra, una immaginifica porzione del territorio salentino, in provincia di Lecce, fra Gallipoli e Casarano, una specie di repubblica a sé stante con istituzioni oramai cristallizzate nel tempo: il nobile che è anche sindaco, il maresciallo dei carabinieri che arriva dal Nord e che si trasforma in abile detective alla bisogna, personaggi vari della vita di paese, fra cui il barbiere che sa tutto.
Da più parti si conviene che la cultura leccese, intesa nell’accezione della produzione e della fruizione di opere narrative e poetiche, abbia registrato, intorno alla metà degli anni ’90, più di vent’anni fa, dunque, un passaggio da un assetto d’élite ad uno decisamente massificato. Nelle parole di Mauro Marino, la vita culturale leccese ebbe in quegli anni una “sfiammata” di vitalità.
Abbiamo incontrato con meravigliata curiosità Beatrice Stasi, professoressa di Letteratura Italiana, presso Università del Salento. La sua ricerca è focalizzata su autori tra Ottocento e Novecento, nella quale si privilegia Leopardi, Pirandello e Svevo. Tra le altre e non a caso, quest’anno è stata insignita del Premio Speciale “Inedito Ritrovato”, prestigioso riconoscimento all’interno del “Premio InediTO Colline di Torino”, in quanto la Nostra Stasi ha ritrovato una preziosa lettera del 1923 di Italo Svevo, riportata qui seguito, dopo l’intervista.
Lieto fine.«E vissero tutti felici e contenti.» Quante volte lo abbiamo cercato, nelle fiabe, nei romanzi, nei film, nella vita stessa; in quante occasioni probabilmente lo abbiamo augurato a qualcuno, soprattutto a noi stessi. Ma la verità è che il mondo reale è duro, amaro, una corsa a ostacoli con problemi che incontriamo e ci affanniamo a superare. Per cui le cose, non sempre si concludono come noi vorremo. Ma poi, cos’è realmente un “lieto fine”? Possiamo veramente parlare di “fine”?
“Come può risultare credibile una storia che comincia con un piatto di polpette alla griglia e un ristoratore che fuma erba? Poi c’è Dio e le sue storie non sono mai credibili. Confesso che sono un po’ invidioso di Lui”. Non è ovviamente solo questo il contenuto del romanzo di Ahmet Altan, scrittore e giornalista di fama, turco, salito alla cronaca giudiziaria per gli addebitati fatti di terrorismo. Questa l’accusa politica, trasformata in atto d’accusa giudiziario da parte della magistratura turca nei confronti di Ahmet Altan, inviso al premier Erdogan per avere più volte espresso riprovazione nei confronti del genocidio armeno ieri e oggi del popolo curdo. Un’accusa politica che non ha retto di fronte alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ha smontato l’accusa e azzerato il processo senza prove svelando la sua funzione di strumento di persecuzione politica del regime.
Con grande e piacevole sorpresa troviamo in edicola l’album per ragazzi (e per grandi) dal nome evocativo “ARTONAUTI. Le figurine dell’arte”, che ricorda uno dei primi viaggi nel Mediterraneo dei greci antichi da Iolco in Tessaglia fino alla Colchide (attuale Caucaso, Georgia) alla ricerca del Vello d’oro. Li guidava Giasone, erano 50 eroi famosi. Il viaggio ebbe buon esito grazie all’aiuto di Medea, attratta irresistibilmente dal comandante della spedizione. Ma poi le cose andarono diversamente, come spesso accade alle vicende umane.
L’altra veste indossata da Antonella Tamiano, scrittrice salentina dal multiforme ingegno, la rende ancora più splendida di quanto lo sia normalmente. Perché alla sua arte di scrittrice di romanzi d’amore e gialli misteriosi, aggiunge quella pittorica di illustratrice.
È uscito in questi giorni, per i tipi di Le Mezzelane Editore di Santa Maria Nuova (AN), il libro Le iguane non mi turbano più, selezione di poesie di Dina Bellrham, tradotte dal poeta e critico letterario Lorenzo Spurio.
“Se proprio ci tenete a biasimarmi per qualcosa, chiedetemi perché racconto tutto questo come se fosse un rito collettivo. Il ‘nostro’ dolore, la ‘nostra’ perdita. Non c’era nessun ‘noi’. Mi sono inginocchiata ai piedi di Patroclo perché ho capito di aver perso uno degli amici più cari della mia vita”.
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27 Agosto 2024